Riciclaggio di Denaro e Imprese Italiane

Scopri come la prevenzione può essere un vantaggio per il tuo business

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Chapter 1

L’evoluzione del panorama normativo negli ultimi 30 anni

La lotta al riciclaggio è da anni un tema centrale in Italia e in Europa, e il continuo aggiornamento normativo ne è una prova tangibile. Il contrasto al money laundering affonda le proprie radici normative nel 1991, anno in cui l'Unione Europea adotta la Prima Direttiva Antiriciclaggio (91/308/CEE) con l’obiettivo di contrastare l’utilizzo del sistema economico-finanziario europeo per scopi illeciti. Nei primi anni 2000 vengono poi emanate la Seconda e la Terza Direttiva, recepite dall’Italia nel 2007.

Quest’ultimo anno rappresenta un vero e proprio crocevia per le aziende italiane: viene istituita la UIF, l’Unità di Informazione Finanziaria per l’Italia. Questa autorità governativa ha il compito di approfondire e indagare sulle segnalazioni relative a due temi principali: il finanziamento al terrorismo e il riciclaggio di denaro. L’istituzione di questo ente cambia il panorama imprenditoriale nazionale, introducendo nuovi obblighi preventivi per diverse categorie di aziende e professionisti:

  1. Professionisti finanziari (commercialisti, revisori, consulenti, mediatori creditizi, ecc.)
  2. Avvocati
  3. Notai
  4. Operatori non finanziari (agenzie immobiliari, settore della vendita di beni di lusso, ecc.)
  5. Banche e istituti finanziari
  6. Pubbliche amministrazioni
  7. Operatori nel settore delle valute virtuali

Dal 2015 l’attività normativa si è intensificata con l’emanazione di altre due Direttive Antiriciclaggio (2015 e 2018) da parte dell’UE, recepite dall’Italia con altrettanti decreti legislativi (2017 e 2019). L’obiettivo è stato quello di imporre misure di prevenzione ancora più efficienti e stringenti, prevedendo sanzioni specifiche per la mancata segnalazione. Secondo una circolare del Ministero dell’Economia e delle Finanze, tali sanzioni possono arrivare fino a 300.000 € in caso di aggravanti, come sistematicità e ripetizione, per le categorie specificamente interessate.

Anche negli ultimi anni l’attività legislativa non ha rallentato: nel 2024 l’Unione Europea ha istituito l’AMLA (Autorità europea per la lotta al riciclaggio e al finanziamento del terrorismo), che oggi coordina il lavoro delle diverse Unita di Informazione Finanziaria e supervisiona direttamente e indirettamente sia i soggetti interessati che le UIF degli Stati membri.

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Come sta rispondendo il mercato italiano?

Concentrandoci esclusivamente sull’Italia, possiamo notare come dal 2022 alla fine del 2024 la situazione, soprattutto in ambito di segnalazioni alla UIF, si sia nettamente modificata. Nel 2022 sono state effettuate oltre 155.000 segnalazioni di attività sospette, mentre il totale del 2024 ammonta a 145.401. Il motivo è semplice: gli enti nazionali ed europei stanno dando priorità alle operazioni più rilevanti per flusso di denaro e gravità.

Un altro dato confortante riguarda l’aumento delle segnalazioni da parte dei professionisti (soprattutto notai) e della Pubblica Amministrazione, passate da poco più di 150 a oltre 750 nel primo semestre del 2024. Questo rappresenta un segnale positivo di un tessuto commerciale più proattivo nella lotta al riciclaggio.

Il riciclaggio, secondo una stima relativa agli anni 2018-2022, incide per circa l’1,5-2% del PIL italiano. Dati che potrebbero rivelarsi ancora attuali, considerando che solo nel primo semestre del 2024 l’ammontare delle operazioni segnalate ed effettivamente eseguite si aggira intorno ai 45 miliardi di euro. Ciò dimostra che il money laundering ha ancora un peso significativo sulle aziende italiane.

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I rischi per le aziende italiane

Dopo aver analizzato il contesto normativo e preventivo in cui operano le aziende italiane, è fondamentale approfondire i rischi concreti legati a pratiche illecite. Una carenza di Due Diligence nei confronti delle aziende con cui si collabora rappresenta uno dei rischi principali: operare con aziende registrate in giurisdizioni ad alta opacità, un forte utilizzo del contante nelle transazioni commerciali o la mancata verifica dell’identità dei partner commerciali sono tutti fattori che possono esporre, volontariamente o meno, un’impresa a coinvolgimenti in pratiche di riciclaggio.

Tale coinvolgimento può avere gravi conseguenze sia dal punto di vista reputazionale che legale. Sul piano penale e amministrativo, le sanzioni possono variare da multe fino alla confisca dei beni e all’interdizione dall’esercizio dell’attività. Inoltre, una sentenza di condanna potrebbe essere resa pubblica sui media, causando un danno reputazionale rilevante.

Per evitare tali rischi, la prevenzione e la verifica accurata delle società con cui si collabora sono essenziali per proteggere il proprio business.

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Fonti

·        UIF-Italia

·        Consiglio dell’Unione Europea

·        ISTAT/OCSE

·        Decreto Legislativo n. 231/2007

·        “Normattiva.it” e Ministero dell’Economia e delle Finanze

·        Alteredu.it

·        Ilsole24ore.com

·        Giustizia.it

·        Direttive Antiriciclaggio UE – Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea