Come evidenziato dalla maggior parte degli attori economici, i modelli di crescita sostenibile si basano sull’integrazione dei fattori ESG sia da parte delle aziende che dalle istituzioni. L’innovazione apportata da questo nuovo paradigma può favorire uno sviluppo di lungo termine, capace di resistere agli shock esterni e di essere sensibile ai rischi collegati al cambiamento climatico, all’insicurezza del mercato del lavoro, al degrado degli ecosistemi e all’inclusione sociale.
In questa prima fase di integrazione, l’aspetto ambientale è il tema più regolamentato e il più discusso dall’opinione pubblica, soprattutto nel settore finanziario con l’SFDR, la Tassonomia UE e la CSRD.
I principali enti bancari e di vigilanza finanziaria hanno recepito le normative stabilite dai legislatori e, già da qualche anno, stanno identificando quali sono i rischi collegati al cambiamento climatico che possono influenzare i mercati finanziari. Una delle prime iniziative della Banca Centrale Europea (BCE) è stata “2022 Climate Risk Stress Test”: lo scopo principale dell’iniziativa è di rilevare informazioni di tipo qualitativo e quantitativo per valutare il grado di preparazione del settore nella gestione del rischio climatico e individuare le migliori strategie per affrontarlo. Ma cos’è il rischio climatico?