WIND OF CHANGE: L'influenza del cambiamento climatico nell'economia

Una panoramica del Prof. Leonardo Iania per Creditsafe sugli effetti e le sfide del cambiamento climatico che le istituzioni e le aziende dovranno affrontare nei prossimi anni.

3 Min.
Chapter 1

RISCHIO DEL CREDITO E CONDIZIONI DI BUSINESS

Cosa si intende per rischio?

Per rischio si intende qualsiasi evento incerto in grado di pregiudicare il raggiungimento degli obiettivi strategici. Si tratta di una situazione in cui un evento si verifica e porta con sé dei risultati (outcomes) ai quali vengono associati delle probabilità. Quando si conoscono le probabilità legate ad un evento e le eventualità ad esso collegate, si parla di rischio.

In molti casi che affrontiamo, però, non si conoscono le probabilità degli eventi che accadranno, ma possiamo conoscere quali conseguenze porteranno con sé. In questo caso si parla di ambiguità (Relazione probabilità-risultato).

Come, ad esempio, la guerra nucleare: non conosciamo le probabilità legate alla realizzazione di questo evento, ma conosciamo bene quali conseguenze potrà avere per l’umanità.

rischio fisico-transizione

Dall’ambiguità al rischio: classificazione dell’incertezza

Quanto sopra descritto introduce l’importanza di considerare che gli eventi nascono prima come ambiguità. Successivamente, man mano che si verificano, si possono determinare le probabilità per la realizzazione degli eventi e identificare i rischi.

Nell’immagine qui sotto abbiamo collezionato quattro tipi di eventi che avranno influenza negli anni a venire. Si tratta di eventi collegati a:

- transizione ecologica

- transizione energetica

political risk a livello internazionale

invecchiamento della popolazione

Classification of uncertainty

Venti anni fa, le probabilità legate alla transizione ecologica ed energetica non si conoscevano e si poteva parlare solo di ambiguità. Oggi, però, gli stessi eventi che prima non erano noti, sono diventati dei rischi.

La cosa positiva è che, quando gli eventi diventano dei rischi, abbiamo la possibilità di creare delle azioni per ridurli. Ed è ciò che sta accadendo adesso per quanto riguarda il rischio climatico e il rischio legato alla transizione energetica. Attualmente, questi eventi sono diventati dei rischi e banche centrali e governi cominciano a pensare a quali possano essere gli strumenti da implementare per ridurre questi rischi.

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INCERTEZZA CLIMATICA E TRANSIZIONE ENERGETICA

L’incertezza climatica è diventata sempre di più un rischio. Per classificarla distinguiamo il rischio fisico dal rischio di transizione.

Il rischio fisico è legato alle conseguenze climatiche derivanti dalle nostre azioni antropologiche. Il rischio di transizione, invece, è collegato ai costi associati alla gestione di questo rischio, alla creazione di nuove tecnologie ed energie che possono essere usate in sostituzione a ciò che utilizziamo oggi. All’interno del rischio di transizione troviamo anche il policy risk, ossia il rischio connesso alle decisioni prese dai governi. Quando ad esempio quest’ultimi non riescono a mettersi d’accordo per identificare la direzione da seguire, si crea incertezza nell’apparato economico.

Physical risk and Transition risk

IMPARARE DAL PASSATO

Cosa può raccontarci il passato in merito al rischio di transizione?

Source:  European Commission

Il colore rosso presente all’interno della mappa coropletica dell’Europa indica i danni pro capite correlati ai processi climatici. Il periodo analizzato va dal 1980 al 2020 e più il rosso è intenso, più i danni subiti dal paese in questione sono alti.

Nel dettaglio, in Italia i costi pro capite nel periodo sopra considerato è di circa 2000€ a persona. Circa il 3% del PIL è stato perso per motivi legati agli eventi estremi.

Leggere il futuro

La risposta della temperatura alle emissioni

Come detto in precedenza, il rischio climatico prende in considerazione anche un altro tipo di rischio: il rischio fisico.

Se c’è un incremento delle CO2 cosa succede alla temperatura terrestre?

European temperature

Fonte: slideshare.net

Dal grafico si evince che il cambiamento di temperatura in Europa è dovuto da una variazione dell’emissione di Co2 di 1000 miliardi di metri cubi (non comprensibile la deduzione).

Inizialmente, non comportava alcuna conseguenza ma, dopo circa dieci anni, si raggiunge il picco e poi la temperatura rimane praticamente costante. Una volta raggiunto il picco, la temperatura aumenta in maniera permanente e non si può più tornare indietro.

Per realizzare il grafico sono stati analizzati ed esaminati circa 140 modelli e la linea blu rappresenta la media di tutti i modelli. La linea rossa e la linea verde rappresentano, invece, i risultati di ¾ di questi modelli.

I costi della temperatura aumentano

Quali sono i costi collegati a questo incremento di temperatura?

Uno studio condotto dalla Commissione Europea ha analizzato l’impatto della variazione della temperatura nei paesi europei (grafico in basso).

L’Europa è stata suddivisa in diverse aree geografiche e, per ognuna di queste, è stato considerato un incremento di temperatura di 1.5 °C, 2 °C e 3 °C. Per ognuno di questi incrementi di temperatura è stato analizzato l’impatto sul PIL.

Il trattino nero presente all’interno del grafico indica la variazione totale del PIL generata da questa variazione di temperatura. Le diverse colorazioni, invece, rappresentano la perdita di PIL causata da altri fattori come tasso di mortalità, diminuzione di produzione nell’agricoltura, ecc.

Inoltre, dal grafico notiamo che all’aumentare della temperatura, le perdite a livello di GDP (Gross Domestic Product, ovvero in italiano Prodotto Interno Lordo) aumentano, indipendentemente dalla zona dell’Europa presa in esame.

Cost of temperature rises

Fonte: Commissione Europea

Ad ogni grado in cui la temperatura aumenta, il PIL diminuisce.

Un altro punto interessante è che più analizziamo la parte del Sud Europa e più la situazione peggiora. Nel Nord Europa la diminuzione del PIL è minima, ma se ci spostiamo a guardare l’Europa del sud la diminuzione del PIL per un aumento di temperatura di 3° C porta ad una diminuzione del Pil del 2,8%.

Anche se una variazione di temperatura di 3° C può sembrarci molto alta e irraggiungibile, vi portiamo un esempio concreto per comprendere meglio la situazione sopra descritta. Nel grafico (2) sotto, viene analizzata qual è stata la variazione di temperatura annuale nel periodo dal 1972 ad oggi della città di Torino (sede operativa di Creditsafe Italia).

Turin temperature

Grafico 2 - Variazione temperatura annuale a Torino

Come si evince dall’analisi, negli anni 1970/1980 la variazione della temperatura era pari a 0 °C, mentre oggi si è arrivati ad una variazione di circa 2 °C.

Per riassumere, l’analisi fino ad ora descritta ci porta due evidenze:

-        Ci sono delle perdite che possono essere stimate in maniera sempre più precisa

-        L’incremento di emissioni ha come conseguenza l’aumento permanente della temperatura

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LA RISPOSTA DELLA POLITICA (MONETARIA)

La pressione dell’inflazione globale

In che contesto si inserisce tutto questo? Possiamo affermare che c’è un problema con l’inflazione.

Quello che si vede nella figura in basso è la mappa del mondo un po’ distorta. Ma perché? Perché gli stati sono stati ridimensionati in base alla densità di popolazione. Il Canada, infatti, è praticamente scomparso.

Variazione % annuale dell’indice dei prezzi al consumo - Fonte: ft.com

La gradazione del colore blu, partendo dal più chiaro e arrivando al più scuro, indica il livello di inflazione in ciascuno stato. Più il colore è scuro e più il livello di inflazione è alto in quel paese.

In Europa, tranne la Francia, i casi di inflazione superano quasi sempre l’8%. Si tratta di una situazione molto negativa per l’economia per varie ragioni. L’inflazione e le aspettative troppo elevate portano con sé numerose conseguenze: i lavoratori chiederanno un aumento di salario e, una volta ottenuto, le aziende aumenteranno i prezzi. Da qui inizierà una spirale di aumento dei prezzi che non è mai positiva.

Cosa fanno le banche centrali per contrastare questo aumento dell’inflazione?

Lo strumento principale utilizzato dalle banche centrali per contrastare l’aumento dell’inflazione è la variazione dei tassi di interesse a breve termine. Aumentare i tassi di interesse, infatti, porta una diminuzione della domanda aggregata.

Per quanto riguarda le aziende, per esempio, se i tassi di interesse aumentano, i prestiti possono essere ottenuti ad un tasso più elevato. Questo porterà ad una contrazione degli investimenti e ad una diminuzione della domanda aggregata con conseguente diminuzione dei prezzi.

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ENTRARE NEL PROCESSO DI EMISSIONE

Driver dell’inflazione

Quali sono i fattori che hanno generato il tasso d’ inflazione oggi?

Il grafico del Financial Times decompone i vari fattori che contribuiscono a far aumentare l’inflazione.

La linea di colore azzurro che raggiunge il picco nel grafico, rappresenta la contribuzione dell’energia al tasso di inflazione che abbiamo adesso. Quasi la metà del livello di inflazione che stiamo vivendo è dovuto dall’aumento dei prezzi dell’energia (non si fa riferimento all’energia pulita).

Per stabilizzare l’inflazione, la Banca Centrale deve, quindi, aumentare i tassi di interesse e cercare di colpire, in questo caso, la causa dell’aumento dei prezzi dell’energia.

Drivers of inflation

Variazione % annuale dell’indice dei prezzi al consumo per settore - Fonte: ft.com

Gli Scope dell’inquinamento

Le aziende possono essere misurate anche sulla base delle emissioni in termini di inquinamento e Co2 e sono così classificate:

-        Scope 1 include le emissioni dirette causate dal processo di produzione dell’azienda, nonché dai fattori produttivi che l’azienda possiede. Per esempio, se un’azienda acquista del petrolio e lo utilizza per produrre, quell’inquinamento rientrerà nello Scope 1

-        Scope 2 è collegato all’acquisizione di elettricità. L’inquinamento è collegato, quindi, alla produzione di questa elettricità. Per esempio, se un’azienda acquista dell’elettricità e se questa elettricità è stata generata tramite il gas, l’inquinamento prodotto rientra nello Scope 2

-        Scope 3 rappresenta l’inquinamento generato dal fatto che qualcun altro utilizzi i prodotti generati dall’azienda

La politica monetaria non convenzionale “inquinata”

Quali sono stati gli eventi che hanno portato a identificare i 3 scope?

Durante la pandemia e durante la crisi finanziaria, la Banca Centrale Europea ha iniziato ad acquistare le obbligazioni del settore privato. Dal grafico possiamo notare la proporzione tra le obbligazioni del settore privato emesse sul mercato (in rosso) e quelle possedute dalla BCE (in blu).

Polluted unconventional monetary policy

Source:   https://web.stanford.edu/ piazzesi/

La BCE possiede circa il 25% delle obbligazioni del settore dei servizi, il 30% al settore manifatturiero, il 10% trasporti, 20% utilities e così via. La maggior parte delle obbligazioni presenti sul mercato (quasi il 70%) appartengono, però, al settore dei servizi.

In grigio, invece, viene indicato il livello di inquinamento per ciascun settore. La BCE possiede circa il 20% delle obbligazioni nella dirty manufacturing, mentre se ne contano meno del 10% sul mercato. L’evidenza è che questo tipo di obbligazioni inquinano moltissimo.

Per evitare situazioni di questo tipo, la BCE sta cercando di ribilanciare le obbligazioni che ha nel proprio portafoglio per diminuire il più possibile l’inquinamento causato dai prestiti che concede a questi tipi di aziende.

Per riassumere, il costo del finanziamento sarà più elevato per le aziende con un alto tasso di inquinamento e, al contrario, sarà meno elevato per le aziende che non inquinano. In futuro, le aziende green avranno accesso ad un credito meno costoso.

Le istituzioni nazionali e sovra nazionali (come le banche centrali) si stanno muovendo per ridurre il rischio climatico, mentre l’inflazione causata dall’aumento dei prezzi dell’energia sta solamente accelerando questo processo.

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NOTE AGGIUNTIVE

C'è un vantaggio a preoccuparsi di più di inquinamento e/o degli ESG?

Metanalisi

Fino a questo momento, abbiamo analizzato rischi e conseguenze dal punto di vista delle istituzioni e non da quello delle aziende, come se questo cambiamento gli fosse stato imposto. In realtà, alle aziende conviene prendere parte a questo cambiamento.

Per capire meglio questo concetto, andiamo a guardare i risultati di una metanalisi, ossia uno strumento di ricerca che ha lo scopo di riassumere in un unico paper i dati provenienti da diversi strumenti di ricerca cercando di capire quali sono i risultati dell’ambito analizzato.

Le evidenze di questa analisi ci porta a capire che, nel 58% degli studi, se un’azienda sostiene il cambiamento energetico, le attività ESG e la riduzione dell’inquinamento riesce a ottenere risultati positivi in termini di ROI (Return on Investment), fatturato e condizioni finanziarie della società.

Meta analysis

Questo impatto positivo non è dovuto al caso. Se ci pensiamo, infatti, la decisione di essere “green” è legata a investimenti di lungo periodo, non di breve, e questo porta a prendere decisioni più pesate aumentando il processo di risk management. In più, in molti di questi studi si è visto che mettere in atto azioni di questo tipo garantisce una protezione al downsize risk (ridimensione del rischio).

Per fare un esempio concreto, se guardiamo un’azienda che oggi utilizza come fonte di energia qualcosa che non deriva da petrolio e gas, questa sarà sicuramente meno esposta ai cambiamenti dei prezzi dell’energia.

ESSERE (DI NUOVO) INGENUI POTREBBE CREARE NUOVI RISCHI

Fino ad adesso abbiamo parlato di cambiamenti climatici e di transizione energetica.

Ma chi è che produce e possiede le materie prime per trasformarle e produrre questo tipo di energia facendo in modo che diventino, per esempio, dei pannelli solari?

Un nuovo potenziale rischio politico

Nel grafico sotto c’è la rappresentazione degli stati che possiedono le materie prime utili alla produzione di energia green.

Si può notare che la maggior parte delle materie prime che servono per abbracciare questa transizione energetica sono collegate a due stati principali: la Repubblica Democratica del Congo o la Cina

Potencial new political risk 1

Invece, se prendiamo in considerazione chi trasforma le materie prime, la situazione peggiora. Come si evince dal grafico, la Cina è lo stato principale per la trasformazione delle materie prime.

Questo rischio era stato intuito e calcolato dalla Commissione Europea. Per questo motivo, la Commissione sta cercando di diversificarsi in questo ambito individuando altre regioni in cui sono presenti questi tipi di materie prima (una tra queste regioni è il Donbass).

Potencial new political risk 2

Se confrontassimo l’analisi sopra descritta con lo scenario di dieci anni fa, noteremo sicuramente un cambiamento nei nomi dei protagonisti della produzione e trasformazione di materie prime. Se prima potevamo identificare paesi come Arabia Saudita, Stati Uniti e Russia, oggi il focus si è spostato su Cina e Repubblica Democratica del Congo, gli attori chiave in grado di fornirci minerali e altre materie prime.

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CONCLUSIONI

Concludiamo con due citazioni per farvi riflettere su quanto spiegato.

“A ship in harbour is safe, but that is not what ships are built for

Una barca è sicura nel porto, ma non è per questo che è stata creata. Questa citazione ci insegna che, anche se per le aziende è un momento difficile, restare nella propria confort zone attuale non sarà utile per il futuro.

Whit great power comes great responsibility” di Benjamin Franklin Parker (zio di Spiderman)

Ognuno di noi ha un potere e può decidere se abbracciare o meno questo cambiamento.

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